Nicaragua, addio all’OSA

di Fabrizio Casari.

L’ennesimo atto di sfacciata ingerenza della OSA negli affari interni del Nicaragua, ha costretto Managua ad abbandonare l’organismo guidato da Luis Almagro. Managua risponde così all’approvazione dell’ennesima mozione illegittima contro la sua sovranità, redatta sulla base di esclusiva ostilità politica e acrimonia ideologica, non sulla base di argomentazioni probanti e veritiere.

La decisione di uscire da un consesso che, in sfregio ad ogni decenza, interferisce continuamente negli affari interni nicaraguensi, benché non sia affatto sede di giurisprudenza internazionale, è apparsa opportuna quanto non rinviabile. Il Nicaragua si aggiunge così al Venezuela e Cuba nell’abbandono e nel conseguente disconoscimento della OSA come entità politica di rappresentanza del continente latinoamericano. Lungi dall’osservare quanto statutariamente previsto, la OSA é infatti uno strumento dell’aggressione ai paesi progressisti e socialisti dell’intera America Latina, una sorta di ufficio per l’America Latina del Dipartimento di Stato USA, destinato al coinvolgimento diretto dei paesi membri nella realizzazione della politica statunitense a livello continentale.

Lo scontro tra l’OSA e il governo nicaraguense, già in vigore da diversi anni, aveva subito una ulteriore impennata a seguito della campagna statunitense contro Nicaragua, Venezuela, Cuba e Bolivia iniziata da Trump e proseguita con Biden ed aveva avuto la sua ricaduta sul rifiuto da parte del Nicaragua di accettare l’osservazione elettorale dell’OSA, degli USA e della UE.

La decisione di non invitare l’OSA nel ruolo di osservatore elettorale ha avuto diverse spiegazioni, tutte molto convincenti. E’ conseguente ad una dichiarata e manifesta ostilità preconcetta e strumentale, priva di qualsiasi argomentazione di merito, che vede il governo nicaraguense oggetto di attacchi reiterati quanto ingiustificabili sotto il profilo del Diritto e dello stesso statuto OSA. Del resto la OSA aveva già deciso, prima ancora che e elezioni si svolgessero, che non ne avrebbe riconosciuto l’esito. Dunque cosa avrebbe osservato?

Il crescendo di interferenze dell’organismo, che aveva trasformato il Nicaragua da paese membro a bersaglio di attacchi politici ordinati da Washington, non poteva essere tollerato. L’OSA, che non ha mai fatto mistero di essere schierata con i golpisti, sembrava sempre più convinta di poter esercitare una influenza politica sul Paese, tentando di porsi come interlocutore insuperabile sul piano legislativo, normativo e regolamentare dell’intero processo elettorale. Una appropriazione indebita di sovranità nazionale nicaraguense che mai ed a nessuno il governo sandinista avrebbe concesso.

Il reiterato intervento a sostegno del golpismo è apparso come insopportabile e ha indicato con chiarezza la cornice nella quale l’osservazione si sarebbe svolta. Tra questi la definizione della carovana infame del chamorrismo, esperta in lavaggio di denaro e golpismo, come “candidati dell’opposizione” senza che lo siano mai stati e senza che abbiano mai disposto di un partito che li candidasse. L’OSA sembrava imitare la gerarchia ecclesiale nicaraguense: fingersi arbitri terzi mentre si guida una delle due fazioni. Dunque il governo sandinista avrebbe dovuto invitare ed investire di credibilità internazionale un organismo che, non in grado di determinare la vittoria della destra, avrebbe solo cercato di invalidare il processo elettorale pur di non veder vincere il Comandante Ortega?

Il ruolo di Almagro nelle elezioni

Ma non solo in Nicaragua la OSA si è dimostrata priva di neutralità politica e qualità giuridica: si ricordi che, a proposito di libere elezioni, ha riconosciuto il golpista Micheletti in Honduras, la golpista Anez in Bolivia (insediatasi proprio con il sostegno della OSA) e ospita come rappresentante del Venezuela un pagliaccio di Guaidò, mai candidato e mai eletto, solo nominato presidente da un twitt dell’ex vicepresidente USA Mike Pence. Si tratta, come minimo, di un concetto completamente ideologizzato della democrazia e su come debba configurarsi un processo elettorale: un circo la prima, una farsa il secondo.

Già previamente alla celebrazione delle elezioni, ovvero nella valutazione delle condizioni di accesso alle candidature nei rispettivi paesi, l’organismo dimostra di essere soggetto attivo nella contesa politica: silenzio sulle aggressioni a colpi di lawfare verso tutti i leader della sinistra latinoamericana ma dito puntato sul Venezuela o sul Nicaragua. L’OSA compie insomma la missione che Washington le assegna: fornire una legittimità politica e fintamente tecnico-giuridica ai governi fascisti graditi a Washington e disconoscere e definire illegittimi tutti quelli di area progressista.

Idem dicasi per la questione dei diritti umani, bandiera lacera e strumentale del nuovo interventismo Usa nel continente latinoamericano: si ignora volutamente la mattanza colombiana degli oppositori per accusare il Nicaragua di aver arrestato otto delinquenti, si assolve il cileno Pinera che ordina di sparare negli occhi agli studenti che manifestano ma si incolpa Ortega di reagire al colpo di stato.

Molto oltre il Nicaragua, divenuta suo malgrado paradigma di un abuso di prerogative e di ruoli fuori luogo ed arroganti assunti dalla presidenza Almagro, la decisione di Managua avrà ripercussioni sull’intera struttura. Sono ormai molti i paesi che non tollerano la gestione dell’organismo come portavoce degli interessi statunitensi sul continente: Argentina, Messico, Bolivia, El Salvador, sono alcuni tra i paesi che hanno espresso con maggiore nettezza un dissenso sull’operato di Almagro e sul valore in sé di un organismo che appare tanto inadeguato quanto irriformabile.

Il quadro politico latinoamericano che si va delineando pone in discussione l’esistenza stessa dell’Organizzazione, vittima della pretesa statunitense di mantenerla in vita come espansione continentale delle decisioni della Casa Bianca. D’altra parte, per statuto si prevede che l’OSA, che vive per l’80% del contributo statunitense e che ha sede in Washington, possa discutere della situazione di tutti i paesi ma non degli Stati Uniti. Che quindi giudicano tutti ma non possono essere giudicati da nessuno.

La OSA non è un aggregato multipolare, un’associazione tra paesi diversi, uno strumento destinato alla cooperazione regionale e alla valorizzazione delle diversità del continente in un quadro di cooperazione e di reciproco riconoscimento: la OSA è, a tutti gli effetti, lo strumento politico formale del dominio statunitense sull’America Latina. Serve anche a dare una patina di associazionismo multilaterale e di compartecipazione a quella che, invece, è stata da sempre una politica unipolare a comando centralizzato. Si conferisce un alone di democraticità e responsabilità condivisa a scelte che sono solo di Washington in ordine ai suoi interessi strategici.

Uscendo dall’OSA Managua ottiene un risultato politico che avrà conseguenze operative positive, dal momento che la decisione disinnesca i piani di isolamento diplomatico e commerciale previsti da Washington. Uscendo dall’organismo, infatti, Managua non potrà essere soggetta a misure come quelle previste dalla Carta Democratica. Ogni paese latinoamericano potrà liberamente decidere i suoi rapporti politici, commerciali e diplomatici con Managua.

Il che offre a tutta la regione la libertà di poter continuare ed addirittura accrescere lo scambio con il Nicaragua, permettendo alle rispettive economie l’accesso ad accordi reciprocamente vantaggiosi. Un esempio importante di ciò riguarda la regione centroamericana, dove il Nicaragua è il principale esportatore di alimenti fondamentali per alcuni (El Salvador in testa) e la rotta ineludibile per il commercio su gomma a livello regionale. Le stesse possibili, probabili sanzioni statunitensi, rimbalzeranno proprio contro gli interessi diffusi quanto intrecciati sul piano regionale, oltre che sulla differenziazione del portfolio nicaraguense sul terreno dell’import-export.

Managua sa difendersi. Come anche Caracas e L’Avana, è una università all’aperto dove si insegna dignità e indipendenza, dove si pratica disobbedienza verso l’interesse straniero e obbedienza verso quello del proprio paese. Si pratica sovranità non solo per sé ma anche per distinguersi da chi, in ginocchio e con le mani tese, aspettando le molliche di pane raffermo che cadono dal tavolo imbandito dell’impero, compie quotidianamente opera di servitù.

L’OSA è ormai la replica del verminaio noto come Gruppo di Lima. Il Nicaragua sandinista é lontana dallo spirito che anima la congrega dei convenuti al ballo dove suona la musica del padrone. Non hanno voluto o saputo ascoltare le regioni dell’indipendenza, l’orgoglio della sovranità. Chi vive in una genuflessione completa, in effetti, trova più vicino a sé chi striscia piuttosto di chi, orgoglioso, resta in piedi e con la schiena dritta.

Fonte: altrenotizie.org

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