Il presidente Duque e i massacri colombiani

di Fabio Marcelli

Nel silenzio più totale di governi e media internazionali, il governo colombiano di Ivan Duque sta praticando una mattanza su larga scala della popolazione. Il silenzio è assordante, specie se rapportato all’attenzione costante e strumentale che i governi e i media, ma anche le istituzioni europee, dimostrano nei confronti di Stati dove fortunatamente non si registrano massacri ed episodi di estrema violenza del genere, come Cuba, Nicaragua e Venezuela. Totale è invece l’indifferenza nei confronti della Colombia, probabilmente perché si tratta, a differenza di quelli ora ricordati, di uno Stato da sempre pienamente integrato nelle logiche del potere occidentale.

In tale assordante silenzio stiamo ora assistendo, in Colombia, a un salto di qualità rispetto all’eliminazione selettiva di leader sociali ed ex combattenti guerriglieri portata avanti negli ultimi anni dalle squadre della morte del regime. Ora, infatti, il governo ricorre direttamente alle forze repressive ufficiali, polizia e Forze armate che, con l’uccisione a sangue freddo dell’avvocato Javier Ordoñez, hanno inaugurato una politica di repressione brutale delle manifestazioni di massa che ne erano conseguite. Reagendo al barbaro assassinio dell’avvocato, ucciso dalla polizia a colpi di taser, secondo modalità che ricordano per crudeltà e ignominia la disumana uccisione di Floyd, la folla, a Bogotà, si era diretta verso i posti di polizia, appiccando il fuoco a numerosi di essi. A questo punto erano intervenute le forze speciali di repressione, gli ESMAD, aprendo il fuoco in modo massiccio e indiscriminato e provocando la morte di almeno dieci persone.

Colpiscono le analogie con la situazione esistente negli Stati Uniti. Come negli USA anche in Colombia c’é un presidente in crisi e in calo verticale di consensi, che tenta di tenersi a galla giocando la carta della repressione aperta e sanguinosa.

Peraltro esiste, al di là delle apparenze, una continuità ben precisa tra  uccisioni ad opera dei paramilitari ed uccisioni ad opera delle forze ufficiali di repressione. Come rivelato da un tenente colonnello delle Forze armate, infatti, minacciato e perseguitato per le sue coraggiose affermazioni, sono molti gli ufficiali corrotti e legati a doppio filo ai paramilitari, coi quali hanno messo in piedi un lauto traffico di armi, droga ed altro.

E’ noto d’altronde come lo stesso Duque sia un esponente di primo piano del partito uribista, che tenta in ogni modo di sabotare gli accordi di pace raggiunti quattro anni fa con le FARC, da cui sarebbe dovuta uscire una Colombia pacifica e rinnovata, in grado di tradurre in pratica una serie di avanzate riforme, a partire da quella agraria.

Le uccisioni rispondono proprio, secondo la brutale logica della morte che da sempre ispira la parte più retriva e purtroppo dominante della classe dirigente colombiana, all’esigenza di impedire l’applicazione concreta degli accordi di pace. Non è quindi casuale che tali uccisioni vengano oggi moltiplicate ed accelerate nel momento in cui il massimo ispiratore del boicottaggio della pace, il presidente paramilitare Alvaro Uribe, è stato arrestato perché sono venuti alla luce i suoi legami con le milizie attive nella repressione e nel narcotraffico.

Esasperando la situazione, Duque vorrebbe in certo senso imitare Trump, ma la Colombia è altra cosa dagli Stati Uniti, anche se questi ultimi hanno sposato a loro volta la linea del boicottaggio della pace per continuare a poter disporre indisturbati dell’avamposto colombiano nella lotta senza quartiere contro la rivoluzione bolivariana.

Nuove rivelazioni sul ruolo di Uribe e di altri, tra cui forse lo stesso Duque, potrebbero venire dalle rivelazioni del boss del narcotraffico e della ndrangheta Salvatore Mancuso, ma a questo punto è probabile che il governo statunitense non gli permetterà di andare né in Colombia né in Italia, dove potrebbe essere interrogato e fare importanti dichiarazioni sulle vicende che ha vissuto negli ultimi decenni, macchiandosi di centinaia di orribili omicidi. Mancuso, infatti, è stato il capo delle AUC (Autodefensas Unidas de Colombia), ovvero i paramilitari dell’estrema destra legati al governo di Uribe ed al latifondo autori di centinaia di massacri di contadini inermi.

Così come importanti rivelazioni sul ruolo della destra colombiana sono destinate ad emergere dall’inchiesta sull’assassinio del nostro compatriota Mario Paciolla, ucciso  nell’adempimento del suo dovere di funzionario delle Nazioni Unite per aver denunciato un massacro compiuto dalle forze di sicurezza che aveva portato alle dimissioni del ministro della difesa.

Prima o poi, tuttavia, la verità è destinata ad emergere e ne deriveranno conseguenze inevitabili per Duque e tutta la destra colombiana. Nel frattempo, purtroppo, il popolo colombiano continuerà a pagare un prezzo di sangue che dovremmo fare di tutto per impedire.

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Una risposta

  1. Susan Borrais ha detto:

    Quali succosi affari di imprese europee in Colombia impediscono che si condanni il governo narcoparamilitare colombiano? Dopo l’uccisione del funzionario ONU, Mario Paciolla, e le orribili massacri di giovani, ordinate dall’ex presidente Alvaro Uribe Velez, CONTINUERÀ IL SILENZIO?

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