Per Lula libertà, presidenza del Brasile e premio Nobel per la pace
di Fabio Marcelli – Giurista internazionale.
Confondere la vergognosa persecuzione giudiziaria di cui è vittima l’ex presidente brasiliano Lula, condannato per corruzione, con Mani Pulite è un po’ come scambiare lo sterco con il cioccolato: un esercizio che va bene solo per gli ignoranti e gli sciocchi. L’illustre giurista Luigi Ferrajoli ha ben esposto sul manifesto di sabato 7 aprile i vari motivi per i quali si tratta di un’operazione persecutoria. Sintetizzando: il ruolo fondamentale della stampa padronale, prima fra tutti Rete Globo, che conduce da anni con i suoi potenti mezzi una campagna volta a delegittimare Lula e il PT; il ruolo inquisitorio del giudice Moro, che fin dall’inizio ha deciso, sulla base delle sue “convinzioni” come non ha avuto remore a proclamare, la colpevolezza di Lula, per poi andare alla ricerca delle prove, senza peraltro trovarle e anzi ignorando quelle a suo favore; la decisione dello stesso Moro e di altri membri delle fragili e scarsamente indipendenti istituzioni giudiziarie brasiliane di accelerare quanto possibile, forzando e violando norme precise, la condanna e la carcerazione di Lula per impedirgli di presentarsi come candidato ad elezioni presidenziali che vincerebbe certamente con facilità. Senza contare altre varie palesi illegittimità del processo contro Lula, prodotto di un sistema giudiziario ancora in parte rudimentale ed esposto a strumentalizzazioni e infiltrazioni.
L’obiettivo degli inventori della montatura è quindi tutto politico: smantellare il governo del PT che, con tutti i suoi limiti, ha fatto uscire dalla miseria milioni di brasiliani ed ha attenuato, sia pure solo in parte, le diseguaglianze sociali in un Paese dotato di enormi risorse riservate solo a una ristretta cricca di ricchi. Arroganti e insaziabili questi si sono ora stufati e vorrebbero riprendere pienamente il controllo del Paese. Ci sono riusciti già in parte, levando di mezzo con un complotto parlamentare la presidente Dilma, due anni fa. Ora si illudono di poter completare il golpe impedendo a Lula di ricandidarsi con una montatura giudiziaria bell’e buona.
Il tutto nel contesto della ripresa di iniziativa da parte delle peggiori destre padronali e razziste. Il Brasile delle tre B (bala, buey, biblia) ovvero pallottole, il segno della violenza di classe che ha stroncato poco tempo fa Marielle Franco, e pochi giorni fa uno dei suoi collaboratori, Alexandere Pereira Maria, testimone a carico degli assassini; buoi, a indicare la borghesia latifondista e allevatrice; bibbia, emblema del peggiore integralismo evangelico. Con un preoccupante ritorno della scena di settori delle Forze Armate, che sessanta e più anni fa furono protagoniste del golpe militare che aprì la stagione delle feroci dittature latinoamericane.
Nulla di buono può venire al grande Paese latinoamericano e al mondo da una simile accolita di sfruttatori, rapaci, razzisti e apertamente fascisti. Essi vanno sconfitti e, facendo tesoro degli errori del recente passato, la sinistra latinoamericana deve capire che per annientare il fascismo vanno organizzate e mobilitate le masse popolari che hanno tratto giovamento dai governi progressisti. Come da sempre lo ha capito Cuba e più di recente il Venezuela bolivariano che si avvia a raccogliere un importante risultato, il 20 maggio, con la riconferma di Nicolas Maduro, a grande maggioranza, a presidente del Paese. Lo stesso sta avvenendo del resto in Brasile dove a difesa di Lula si sono mossi e continueranno a muoversi i diseredati, organizzati dal MST (Movimento Sem Terra) e da altri movimenti analoghi.
Siamo solo all’inizio di un braccio di ferro tra rivoluzione e reazione che durerà parecchi mesi. Durante tutto questo periodo occorrerà dimostrare concretamente la solidarietà internazionale al popolo brasiliano. Lula, che nonostante l’attacco repressivo, si conferma dirigente principale di questo popolo e anzi viene politicamente rafforzato dall’infame montatura, deve essere liberato al più presto, eletto presidente legittimo del Brasile dopo la vergognosa parentesi Temer e gli va anche assegnato il Premio Nobel per la pace per la sua importante e valorosa opera a favore dell’uguaglianza e dei diseredati, come chiesto dal Premio Nobel argentino Perez Esquivel.