Cile: guerra permanente contro i mapuche

Violenta repressione contro la comunità di Temucuicui, accusata di traffico di armi e droga. L’azione poliziesca è avvenuta, non casualmente, a seguito delle proteste dovute alla mite sentenza contro l’ex sergente responsabile dell’omicidio di Camilo Catrillanca. A farne le spese la madre, la vedova e la figlia (di soli 7 anni) del comunero ucciso, tutte arrestate.

di David Lifodi.

In Cile il terrorismo di stato contro i mapuche prosegue. Non bastava la mite sentenza per l’uccisione del comunero Camilo Catrillanca (risalente al 2018) che, lo scorso 7 gennaio, ha condannato l’ex sergente Carlos Alarcón soltanto per omicidio semplice insieme a sei funzionari della polizia dichiarati colpevoli di ostruzione alla giustizia, ma le proteste che ne sono seguite sono state represse violentemente dai militari.

La comunità mapuche di Temucuicui è stata quella maggiormente colpita dalle violenze della polizia. 850 agenti, giunti a bordo di veicoli militari, elicotteri e armati fino ai denti come se andassero in guerra, non hanno risparmiato nemmeno la stessa famiglia Catrillanca.

Teresa Marín Melenao e Katherine Antin, rispettivamente madre e vedova di Camilo Catrillanca, sono state arrestate brutalmente insieme alla figlia di sette anni, Guacolda.

Il ministro dell’interno del presidente Piñera, Rodrigo Delgado, nominato recentemente, ha espresso, al pari dei suoi predecessori, grande fiducia nell’operato della polizia, sottolineando che l’ Araucanía merita di vivere in pace.

Peccato però che alle parole continuino a non seguire i fatti e che la guerra dichiarata da Piñera, come dai precedenti inquilini della Moneda, contro i mapuche, non giunga a termine. L’operazione di polizia è stata giustificata dallo Stato cileno perché volta a bloccare il traffico di droga nelle comunità mapuche, di cui il ministro dell’Interno finora non è riuscito a mostrare alcuna prova significativa, ma assomiglia piuttosto ad una spedizione punitiva contro le proteste verso la sentenza ritenuta da Marcelo Catrillanca, padre di Camilo, «una presa in giro per il popolo mapuche e per la vita di Camilo». Questa la sua opinione espressa al quotidiano il manifesto: «La vita di un essere umano non può valere così poco. Voglio dire a mio figlio che ho fatto tutto il possibile per ottenere giustizia. Almeno abbiamo portato quei poliziotti in tribunale ed è stato dichiarato che sono degli assassini».

La supposta presenza di alcune piante di marijuana nelle comunità è servita allo Stato cileno per proseguire una guerra di cui i governi cileni, da quelli della Concertación a quelli di destra, continuano a perpetrare contro i mapuche, ai quali hanno usurpato I loro territori nel XIX secolo e che solo pochi giorni fa hanno portato La Moneda a schierare 850 agenti in una dimostrazione di forza assolutamente inutile e spropositata.

Le reazioni all’ennesima operazione poliziesca scatenata nell’Araucanía non si sono fatte attendere. L’ Alianza territorial mapuche ha espresso una ferma condanna contro “il terrorismo di stato storicamente esercitato dal Cile”, sostenendo al tempo stesso la coraggiosa lotta della comunità di Temucuicui, definita “un esempio di resistenza al colonialismo e al latifondismo” e rivendicando il diritto a muoversi liberamente all’interno del Wallmapu.

A questo proposito, il werken Mijael Carbone Queipul ha ricordato al governo che è lo Stato cileno a voler cancellare la storia dei mapuche e a farli passare come terroristi e narcotrafficanti, nel tentativo di trasformare le vittime in carnefici e viceversa allo scopo di capovolgere il rapporto tra Santiago e l’Araucanía.

Gli stessi concetti sono stati espressi anche dalla Coordinación de Organizaciones de Derechos Humanos de La Región de La Araucanía, che ha stigmatizzato l’eccessivo dispiegamento di polizia rivolto soprattutto contro bambini e adolescenti, l’invasione del territorio mapuche da parte degli agenti e la mite sentenza nei confronti dell’ex sergente Carlos Alarcón.

Eppure, lo Stato cileno sembra intenzionato ad andare per la propria strada. In una conferenza stampa tenuta a Temuco, il sottosegretario agli Interni, Juan Francisco Galli, e il direttore generale della Policía de Investigaciones, Héctor Espinosa, hanno ribadito il coinvolgimento della comunità di Temucuicui nel traffico di armi e droga, sostenendo che in Cile non possono essere tollerati territori che si pongono al di fuori dello stato di diritto.

Ovviamente, nessun cenno alle violenze della polizia, nemmeno alla detenzione di madre, vedova e figlia di Camilo Catrillanca, quest’ultima rimasta senza padre a soli 5 anni.

“Hanno dichiarato guerra al popolo mapuche e la popolazione sta solo cercando di difendersi di fronte alla repressione”, ha insistito il werken di Temucuicui, ricordando che il frutto della politica di annientamento dello Stato cileno aggiungerà soltanto ulteriore odio e chiedendosi, del resto, con quale altro sentimento dovrebbe crescere una bambina come Guacolda, alla quale lo Stato ha portato via per sempre suo padre.

I cileni solidali con i mapuche hanno chiesto perdono alle comunità in lotta e hanno sottolineato che non si sentono rappresentati dallo Stato cileno, del quale si vergognano. Speriamo che il prossimo inquilino della Moneda, se fosse Jadue, possa cambiare radicalmente lo stato delle cose.

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